Un taglio importante, seguito da alcune ordinanze comunali emesse dai comuni in cui la zona ricade, ma che era fondamentale per la sicurezza delle persone. La protesta della signora ha tuttavia suscitato le polemiche dei residenti.
Partendo dal fatto che l’abete ha un ciclo vitale come tutti gli altri alberi (ed anche breve), questo albero non è endemico della zona. L’abete piantato nel dopoguerra dal biologo ed imprenditore inglese Sir Walter Becker, per un non ancora chiaro esperimento.
Certo, gli abeti resero Altipiani di Arcinazzo affascinante sotto il profilo turistico, ma disseminati senza criterio e piantati troppo vicini a se stessi e alle case. La maggior parte di questi alberi è cresciuta solo in altezza, senza sviluppare una larghezza sufficiente. Inoltre le radici dell’abete non affondano in profondità nel terreno, rendendolo una pianta fragile.
Capiamo che certamente chi non è residente del luogo, come il sottoscritto, non possa capire effettivamente quanto sia dannosa questa pianta. Albero che tra le altre cose contribuisce a creare un ambiente umido ed insalubre. Forse se Madre Natura ha deciso che agli Altipiani di Arcinazzo debbano crescere spontaneamente aceri, cerri, querce, faggi, larici, noccioli, castagni, meli selvatici e tanti altri alberi non sempreverdi, un motivo ci sarà?
Sia chiaro. Nessuno vuole cambiare l’attuale aspetto degli Altipiani di Arcinazzo. Gli abeti sono alberi belli e decorativi, che però vanno piantati alla distanza giusta dalle case e dal tessuto urbano. Speriamo piuttosto che l’impegno sia ora quello di sostituire ogni albero abbattuto con altre piante endemiche tra quelle già sopracitate, e che la “Piccola Svizzera” torni più verde che mai, in totale sicurezza per i suoi abitanti.
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Francesco Digiorgio Direttore Responsabile
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