Roma. Alcuni graffiti sono vere e proprie opere d’arte. Altri invece sono insulsi, brutti e volgari. In questo caso insensati. Geco infatti, aponeva solo la sua firma, a caratteri cubitali.

Nessuna forma d’arte, soltanto un grande egocentrismo.

Il graffitaro è stato identificato in Lorenzo Perris e la Procura lo ha citato in giudizio per danneggiamento. La PM Gianfederica Dito attribuisce al graffitaro 36 scritte, come quelle che compaiono all’Archivio centrale di stato, alla banchina del Tevere di Porta Portese. E ancora al Parco degli Acquedotti o a Villa Pamphili all’Arco dei Quattro Venti. L’accusa è quindi di aver imbrattato e danneggiato strutture pubbliche o di interesse storico-artistico.

L’indagine era partita con una denuncia nel 2020, da parte del Nucleo Ambiente e Decoro della Polizia di Roma Capitale. La prima udienza si è tenuta il 24 maggio al tribunale monocratico, il comune di Roma si è costituito parte civile.