Trentanni con i colleghi di Val d’Aniene e dintorni. Questo è il titolo della lunga e toccante lettera che ci ha inviato Benedetto De Santis, ex agente di Polizia Locale. Un testo che lascia trasparire l’emozione suscitata dai ricordi, ma anche l’affetto verso coloro con cui ha condiviso i momenti più cari della propria gioventù.

Riportiamo integralmente il testo della missiva

Mi chiamo Benedetto, vivo e sono residente in uno dei comuni più belli e antichi della Valle Aniene: Affile. Qui, all’entrata del Paese, lungo la caratteristica passeggiata alberata, dove la finezza e la bontà dell’aria ti riempiono di energia il corpo, ho sentito l’esigenza di esprimere la mia gratitudine nei riguardi di una giornata, che annualmente si ripete nel mese di dicembre. Ho voluto sigillare e ricordare la storia di un gruppo di persone, affinché continui il percorso di aggregazione con lealtà e armonia. Sono passati trent’anni, e ancora una volta ci predisponiamo a festeggiare questa tradizionale festa, fondata principalmente sulla nostra identità. Tutto iniziò nell’anno 1992 del “secolo scorso”, quando Silvano m’invitò, insieme con altri colleghi, a un pranzo conviviale agli Altipiani di Arcinazzo, presso il ristorante “Sorpaiolo”. Eravamo giovani e avevamo in comune, non solo la vita lavorativa come colleghi del V Gruppo Vigili Urbani di Roma (poi IV Gruppo Polizia Locale di Roma Capitale), ma anche quella di vivere nei Paesi della Valle Aniene. A quei tempi non sapevamo, dove saremmo arrivati. L’evento che festeggiamo ogni anno non è mai stato pianificato, la sua organizzazione è stata determinata a “divenire”.

Tutto ebbe inizio

Comunque, già dai primi anni, emergeva l’obiettivo che ci saremmo dati, anche se eravamo quattro persone sedute attorno ad un tavolo. Mangiare insieme significava avere un’occasione per confrontarci, scambiarci idee e opinioni della nostra vita: sopratutto paesana. Era un momento per condividere il nostro modo di essere”provinciale”. Il risultato di questo approccio – apparentemente banale – ha attuato delle caratteristiche comuni: un obiettivo, senso di appartenenza, coesione, gioia e serenità. Oggi non avremmo percorso tutta questa strada, se Silvano non si fosse dedicato con entusiasmo all’organizzazione della festa. Quell’entusiasmo che si prova nel parteciparvi, permeato di gioia e serenità con l’arrivo dell’imminente Natale. Il Natale è parte della nostra “cultura”, del nostro modo di essere. In ogni raduno c’è la consapevolezza di condividere valori e sentimenti. Ebbene, l’esistenza di questo clima durò molti anni, fino a quando il nostro organizzatore manifestò un disagio nel compiere l’impegno, non scritto ma dato per consuetudine. Effettivamente, dobbiamo riconoscere che l’impegno profuso in tanti anni, porta inevitabilmente a un appiattimento e logoramento.

Una nuova resilienza


Dovevamo ricercare una nuova resilienza per impedire che avvenissero situazioni negative, favorendo la possibilità di trovare nuove soluzioni possibili. La soluzione di questo stallo arrivò dopo alcuni confronti, riuscendo a trovare le idee giuste per superare le difficoltà. Una delle quali era valorizzare i partecipanti a essere liberi di poter organizzare la festa, rispettando l’obiettivo e il territorio.

Avevamo capito che la ricchezza di poter condividere l’esperienza era di dare valore al gruppo, creando un ambiente senza invidia e senza atteggiamenti egoistici. Badate non è per niente scontato superare questi momenti, non saremmo riusciti a portare avanti il nostro comune interesse, senza una soluzione appropriata alle complicazioni latenti.
Quante volte abbiamo visto nascere gruppi che sono tramontati nel giro di pochi anni.

Noi siamo riusciti, invece, a costruire la nostra identità in conformità a quei valori che ho sopra citato. Abbiamo ripreso la nostra strada con l’aiuto di Stefania che due volte hanno organizzato l’evento, e dopo di lei Patrizio, Giovanna, Luciana e Rosario. Questo modo di fare stimola la partecipazione, distribuisce la responsabilità, riduce eventuali critiche ed è funzionale alle relazioni interne al gruppo. Quelle relazioni che riflettono le nostre personalità e la vita del gruppo nella sua essenza. Rappresentativi sono tre esempi: quello di Sandro che, con la sua
disponibilità, ha dato un contributo efficace a rafforzare la coesione tra di noi, attraverso quello spirito cristiano che lo caratterizza; di Vittorio che ci ricorda, attraverso la sua lucida memoria, aneddoti e avvenimenti accaduti alle persone della nostra terra; Rosario, con il suo umorismo paesano “fatto in casa”, necessario alla convivialità. L’umorismo riduce lo stress, ci aggrega e facilita la comunicazione tra di noi.

L’unione

Questa interazione ci porta a una coesione che ci caratterizza ancora di più.
Abbiamo percorso molta strada insieme con la consapevolezza che ognuno può trasmettere agli altri una parola, un sentimento e capire quanto sia importante il rapporto umano e sociale tra di noi. Un altro convincimento fondamentale è stato l’accoglienza, che può essere un momento importante per far conoscere la nostra esperienza, spesso diversa. Da qui l’idea di aprire le porte ad altri colleghi che vivono  nei territori confinanti la Valle Aniene. ll risultato è uno straordinario effetto collantee senso di piacere, poiché conoscersi, favorisce il confronto. Il confronto con i
compagni ci stimola a scelte più salutari, a fare una vita più attiva, a riconsiderare i problemi, assumere punti di vista diversi. E’ con queste prospettive che siamo riusciti a non rintanarci in noi stessi e tracciare la strada futura. Per quanto ci sforziamo le difficoltà, si possono sempre incontrare nella vita. Certo, è nella natura delle cose. Spesso queste circostanze sono inevitabili, come quelle degli ultimi anni, dove è emersa l’impressione di uno scollamento. L’anno prima della pandemia, nonostante le buone intenzioni, non si è riuscita a organizzare la ricorrenza per
difficoltà oggettive.

Poi la pandemia ha fatto scattare l’emergenza nazionale interrompendo qualsiasi attività. Nel 2021 in concomitanza con il mio pensionamento, ho scelto volutamente di ridare vigore a questa nostra amata giornata, invitando tutti i colleghi storici al ristorante “Sorpaiolo”. Come trent’anni prima. E’ stata una giornata appagante e coinvolgente il cosiddetto “giro di boa”.
Presto rivivremo, con lo spirito che ci caratterizza, questo eccezionale avvenimento con l’augurio di camminare insieme per altri trenta anni. Mi rimane un dovere morale da enunciare, un pensiero rivolto al collega che oggi vive nel
nostro cuore.

Benedetto De Santis