E’ questa una domanda angosciante visto il degrado in cui versa il nostro patrimonio pubblico edilizio dopo il crollo del tetto della chiesa di Santa Maria a Sgurgola avvenuto nella serata del 3 Dicembre 2020 senza recare danni a persone in quanto la chiesa era chiusa.
La stampa, spesso, enfatizza lo stato di dissesto in cui si trovano molti monumenti, invocando urgenti provvedimenti.
Ma l’aggressione di sostanze inquinanti non riguarda solo le opere d’arte ma l’intero patrimonio edilizio – case, edifici pubblici, impianti sportivi, eccetera- sottoposti all’azione di quel martello pneumatico – silenzioso ma non per questo meno dirompente – rappresentato dagli agenti atmosferici, carichi di veleni di ogni tipo.
Gli effetti di questo martellamento incessante qualche volta si vedono ad occhio nudo:
facciate scrostate, balconi che sembrano appesi ad un filo, rivestimenti che mostrano ampi vuoti.
Qualche volta, purtroppo, divengono gravi fatti di cronaca:
passanti coinvolti nella caduta di lastre di marmo, di muri, di pezzi d’intonaco, ecc.ecc.
Spesso non fanno notizia ma non risultano perciò meno insidiosi:
materiali che si sbriciolano dopo un certo di numero di anni;
restauri che non tengono conto della compatibilità fra un materiale e l’altro;
interventi effettuati senza aver verificato in modo rigoroso il precedente stato dei luoghi.
Una domanda sorge spontanea:
che fine ha fatto il decantato “fascicolo del fabbricato” che doveva essere una sorta di patente con lo stato di salute dei fabbricati?
E’ ovvio che anche le Amministrazioni Comunali dovranno fare il loro dovere:
prevedere nei bilanci un fondo a favore dei proprietari degli immobili che vogliono mettersi in regola, nella forma di uno sgravio fiscale in modo che una famiglia media possa spendere per il “fascicolo del fabbricato” un importo equo in cambio della sicurezza.
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Giorgio Alessandro Pacetti