La comunità di Piglio nei secoli passati ha dovuto combattere le pandemie oggi contro il Covif-19 e le sue varianti, ieri contro la peste del 1656-57, il colera del 1855 e del 1884, il vaiolo, l’influenza Spagnola del 1918, l’asiatica del 1957.
Purtroppo anche se nella storia locale non vengono riportate le vittime che hanno causato queste epidemie del 1900, grazie a don Marcello Coretti ex parroco di Piglio dal 2000 al 2009 a seguito delle notizie attinte nell’archivio della Collegiata Santa Maria Assunta riusciamo a sapere quello che provocarono le pestilenze del 1656-1657 e  il colera del1855 e del 1884.
Riportiamo alcune tracce delle pestilenze a Piglio
L’anno di nostra salute 1656 fu funesto all’Italia.
Una peste sterminatrice serpeggiò per varie parti di essa, e dalla Sicilia passando a Napoli e quindi in Roma recò molta strage desolando città.
Nel mese di settembre si manifestò tra gli abitanti di Piglio i quali si trovarono nelle braccia della morte, estinte rimanendo intere famiglie.
Terra popolato era il Piglio a quei dì, composta essendo di sopra a 400 famiglie ed anime sopra 1550, e gli estinti nel tempo del contagio si calcolarono a settecento venti”.
Il primo caso di colera si registrò il 12 ottobre 1855; ai primi di novembre il centro abitato era già tutto interessato. Il massimo dei colpiti e dei morti si ebbe nella settimana dal 23 al 28 novembre, quando si contarono anche 8—9 decessi al giorno; il 9 dicembre il contagio era cessato.
In quei due mesi ogni famiglia ebbe il suo morto: su circa 3500 abitanti del paese si ebbero 194 casi di colera e 73 morti, 63 dei quali adulti e 10 fanciulli.
A un certo punto il popolo, vistosi perduto, “si applicò a santi mezzi onde placare la giustamente sdegnata maestà divina”; mai i Sacramenti furono tanto frequentati, nemmeno durante le più riuscite Missioni popolari: le chiese del Piglio erano sempre piene di gente dal volto abbattuto e atterrito che giorno e notte invocava i suoi santi: gruppi numerosi di devoti, lasciando ogni faccenda, di notte con torce a vento, con qualsiasi tempo, camminando e pregando si recarono ai santuari più venerati del paese: dal beato Andrea sotto lo Scalambra, alla Madonna del Monte (due miglia più su verso gli Altipiani, a quasi mille metri di altitudine), al SS.mo Crocifisso di San Giovanni.”
Ancora il colera nel 1884 In una lettera che Don Ferdinando Tardiola scrisse alla madre il 24 settembre 1884, leggiamo: “Del resto ora non resta a dirti che preghi perché il Signore tenga lontano il colera. Qui abbiamo fatto dei tridui alla Madonna delle Rose che ancora stà esposta, l’abbiamo fatto a S. Rocco, ieri terminò quello di S. Sebastiano, domani daremo principio a quello del SS. Crocefisso, e siamo certi di essere liberati.
Per ora va scemando in Italia, non essendo più fiero come sul principio.
Il triduo alla Madonna si fece con discorsi, due ne feci io, uno D. Tommaso…”.
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Giorgio Alessandro Pacetti