Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, prende carta e penna e scrive al Foglio le sue scuse pubbliche all’ex sindaco di Lodi, Uggetti. Dice: Nel 2016 furono “Grottesche e disdicevoli le modalità con cui chiedemmo le sue dimissioni”.

La giusta premessa

“E’ giusto che in questa sede io esprima le mie scuse” invitando quindi ad “aprire una riflessione”, scrive il ministro. “Ricordo bene quei giorni in cui la notizia dell’arresto portò diversi partiti italiani a chiederne le dimissioni”.
“Nella stessa piazza, e nello stesso weekend, prima il Movimento 5 stelle con la mia presenza, e il giorno dopo la Lega di Matteo Salvini, con Calderoli, organizzarono dei sit-in contro il dottor Uggetti fino a spingerlo, un mese dopo l’arresto, alle dimissioni”.
“Con gli occhi di oggi – continua il ministro- ho guardato con molta attenzione ai fatti di cinque anni fa. L’arresto era senz’altro un fatto grave in sé, che allora portò tutte le forze politiche a dare battaglia all’ex sindaco, ma le modalità con cui lo abbiamo fatto, anche alla luce dell’assoluzione di questi giorni, appaiono adesso grottesche e disdicevoli”.

L’arresto che scatenò lo sdegno di tutti

Di Maio esprime la volontà di “aprire una riflessione” e ricorda che il periodo dell’arresto dell’ex sindaco coincideva con le campagne elettorali del 2016 che coinvolsero Roma, Torino, Napoli, Milano e Bologna.
“Anche io – prosegue il ministro – contribuii ad alzare i toni e ad esacerbare il clima. Sul caso Uggetti fu lanciata una campagna social molto dura a cui si aggiunse il presidio in piazza, con tanto di accuse alla giunta di nascondere altre irregolarità. Ironia della sorte, quando terminai il mio comizio in piazza a Lodi, poche ore dopo, i media diedero notizia di un procedimento giudiziario per abuso di ufficio a carico di Filippo Nogarin, allora sindaco M5s di Livorno”.

La maniera sbagliata

Poi Luigi Di Maio continuando a ricordare quei giorni scrive ancora: “La campagna di attacchi proseguì per settimane e si allargò al governo centrale”. “Sono fortemente convinto che chi si candida a rappresentare le istituzioni abbia il dovere di mostrarsi sempre trasparente nei confronti dei cittadini, e che la cosiddetta questione morale non possa essere sacrificata sull’altare di un cieco garantismo”. Precisa a questo punto il ministro Di Maio che secondo lui il nocciolo è questo: “l’utilizzo della gogna come strumento di campagna elettorale”. “Tutte le forze politiche avevano il diritto di chiedere le dimissioni del sindaco, ma campagne social, sit-in di piazza, insinuazioni, utilizzo di frasi al condizionale che suonano come indicative, con il senno di poi, credo siano stati profondamente sbagliati”.

L’autocritica

Esamina il modo in cui venne condotta quella vicenda e gli eccessi che la contornarono e fa una autocritica che abbraccia non solo la sua persona ma tutto il Movimento. Infatti Di Maio prosegue dicendo: “Una cosa è la legittima richiesta politica, altro è l’imbarbarimento del dibattito, associato ai temi giudiziari”.
Spiega poi, giudicando quello che fu “Un atteggiamento mediatico e pubblico che ha contagiato molte forze politiche in quegli anni”. Fa l’esempio della sindaca di Roma, “basti pensare ai giorni in cui Virginia Raggi finì al centro di inchieste giudiziarie (che di recente hanno visto la sua totale assoluzione), e alle posizioni assunte da alcuni partiti che si sono sempre definiti garantisti, salvo che con lei”.

Troppi precedenti – la dignità non può venire meno

Facendo altri esempi, nella lettera scrive ancora: “Penso al caso Tempa Rossa che coinvolse Federica Guidi, penso ai casi di diversi sindaci italiani, penso al caso Eni”… E conclude dicendo:” Per me esiste il diritto della politica di muovere legittime critiche e richieste. Allo stesso tempo però esiste il diritto delle persone di vedere rispettata la propria dignità fino a sentenza definitiva e anche successivamente. I diritti, appunto, sono diritti e in quanto tali vanno rispettati. Ogni soggetto politico ha il dovere di dissipare le ombre sul suo operato, senza mai nascondersi dietro a silenzi o scorciatoie mediatiche, soprattutto se sono la stampa e l’opinione pubblica a chiederne conto”.

Simone Uggetti

Una gogna durata 5 anni e una vita politica ma anche sociale praticamente distrutta. Simone Uggetti martedì pomeriggio è scoppiato in lacrime quando i giudici della Corte d’Appello di Milano hanno detto: “assolto perché il fatto non sussiste”.
Era maggio del 2016 e l’ex sindaco di Lodi si trovò la Guardia di finanza a casa. Poi le manette e il carcere di San Vittore per dieci giorni.
Finisce con la piena assoluzione il processo di secondo grado che ha visto Uggetti accusato di “turbativa d’asta”, di “aver favorito la società privata Sporting Lodi, nel bando per la gestione delle piscine Belgiardino e di via Ferrabini”.
In primo grado il 29 novembre 2018 era stato giudicato colpevole e condannato a 10 mesi di reclusione.

Il “macigno” nella scarpa

Simone Uggetti dopo la lettura della sentenza ha dichiarato: “Una sentenza che arriva dopo “cinque anni da incubo, è una esperienza che non augurerei neanche al mio peggior nemico, ma alla fine la giustizia è arrivata”.
L’ex sindaco si sofferma poi in uno sfogo e racconta: “Luigi Di Maio, all’epoca andò di persona a Lodi, e su un palco allestito per l’occasione chiese le mie dimissioni”. Uggetti ricorda le parole di Di Maio: “Se non si dimette lui, le dimissioni gliele devono chiedere Renzi e Guerini, ma non ho ancora sentito Renzi farlo. Chiedo al Pd di liberare i cittadini lodigiani tenuti in ostaggio”.

Archiviamo e riflettiamo

Ora abbiamo voltato pagina, la legge ha dipanato una vicenda contorta, gli accusatori fanno ammenda e gli accusati sono riscattati. Viene però da fare una considerazione: come sarà il processo di riqualificazione (se mai ce ne sarà uno) di chi ha perso la sua vita politica? Potrà mai recuperare il terreno perduto l’uomo Simone Uggetti, o dovrà dedicarsi ad altro, consegnando alla sua Storia personale ciò che è stato?

E Luigi Di Maio, l’uomo, non il politico. Che ha sentito il bisogno di ufficializzare le sue scuse. Avvertirà ora un senso di maggiore sofferenza intima per aver accusato così veemente qualcuno che poi è risultato innocente? L’uomo Di Maio, ha saputo dimostrare che è giusto fare ammenda e chiedere perdono. Un atto di umiltà che forse proprio Uggetti apprezzerà più di tutti.

Siamo uomini o caporali?

Raramente un politico compie un atto autoaccusatorio e questa, almeno agli occhi di chi sa apprezzare, è una bella dimostrazione di onestà politica e personale che attiene agli uomini. E’ però anche la dimostrazione che nessuno è infallibile nell’esprimere giudizio.