Colleferro. In questi giorni a seguito del crudele omicidio di Willy Monteiro, una pioggia di insulti e minacce si è riversata sui suoi carnefici.

I 4 presunti assassini, i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli ora sono in carcere, ma i loro profili social sono ancora aperti.

Minacce di stupro alla compagna di Bianchi

Migliaia di persone si sono recate sui profili facebook scrivendo dove fosse possibile (foto e post pubblici) insulti irripetibili e minacce di morte o sevizie. Questo potrebbe forse essere anche qualcosa di normale da parte di amici o parenti della vittima, presi dalla disperazione, ma i fatti stanno coinvolgendo anche chi non ha mai visto in vita sua qualcuno dei sospettati.

La cosa peggiore che questo clima di odio è imperversato anche contro chi è estraneo all’omicidio, come la compagna di Gabriele Bianchi, insultata, minacciata per la sola colpa di comparire in foto con lui; definita “Zoccola”, “Maiala”, augurandole di finire stuprata.

Stessa cosa per amici e familiari degli arrestati, minacce e insulti persino sulla foto che ritrae un neonato.

Un comportamento di spregio e dileggio che non ha niente a che vedere con una società civile, la stessa che reclama giustizia per il povero Willy ucciso e già strumentalizzato ideologicamente, con il corpo ancora caldo, da chi inneggia la “caccia al fascista”.

Qui la politica non c’entra nulla, quello che è successo non ha che vedere con il colore della pelle di Willy, originario di Capoverde, ma semplicemente con la stupidità e la violenza gratuita di un gruppetto di bulli di quartiere, che da tempo imperversava.

Offese persino alla palestra che gli arrestati frequentavano, nonostante abbiano cercato con dei comunicati di esternare il proprio dispiacere e la propria estraneità all’accaduto.

Il linciaggio mediatico come quello reale

Quanto sta accadendo non è differente dalla bestialità della folla che fino alla prima metà del ‘900 affollava le piazze cercando di linciare i condannati a morte, i loro parenti, distruggendo e saccheggiando le loro proprietà.

Siamo sicuri che molti di coloro che hanno vomitato violenza sui profili degli arrestati non esisterebbero un istante a rispondere delle proprie azioni anche in un contesto reale. Questo perché internet dà sfogo al nostro vero ego, la nostra maschera viene gettata attraverso la presunta impunibilità di trovarsi dietro a uno schermo. La bestia che è in noi mostra gli artigli e le zanne. Siamo così diversi dagli assassini?

Tra coloro che hanno insultato la fidanzata di Gabriele Bianchi anche molte donne, magari le stesse che poi gridano per la causa femminista o contro il femminicidio. Che ipocrisia!

Nulla toglie che quanto sia accaduto è un fatto di una crudeltà inaudita e che tutti i colpevoli, anche quelli indiretti (se ce ne sono) dovranno scontare il massimo della pena. Ma chi siamo noi per poter giudicare? Chi siamo noi per potere rispondere alla violenza con altra violenza?