Attività commerciali in ginocchio, tutti chiusi, ma non le chiese

Il nuovo decreto emanato non lascia scampo. Le festività andranno trascorse a casa, nel proprio comune. Il Decreto Legge n. 158 del 02/12/2020, blocca gli spostamenti nel periodo delle festività natalizie.

Dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 è vietato, nell’ambito del territorio nazionale, ogni spostamento in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome, e nelle giornate del 25 e del 26 dicembre 2020 e del 1° gennaio 2021 è vietato altresì ogni spostamento tra comuni, salvi gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute.

Restano chiusi bar e ristoranti dalle 18, che però a Natale, Santo Stefano, 1° e 6 gennaio saranno aperti a pranzo, con il limite probabile dei quattro commensali.
Nella serata di Capodanno, chiusi anche i ristoranti negli alberghi: per i clienti solo servizio in camera.

Con il coprifuoco confermato alle 22, le messe natalizie inizieranno entro le 20.

Vietato il Natale sulle piste da sci ma anche in crociera.
In pratica, si mette a rischio l’economia nazionale della ristorazione ed è stato calcolato che, molto probabilmente, quasi la metà dei ristoratori non riusciranno a rialzare la serranda alla fine dell’emergenza sanitaria.

Il commento del direttore

Scelte improbabili ed insensate, che non sono nemmeno comprensibili. Che cosa cambia se ristoratori restano aperti a pranzo e chiusi a cena? Forse il virus preferisce diffondersi nelle ore serali?

Perché tutti i luoghi di aggregazione vengono chiusi oppure contingentati, mentre le chiese continuano a svolgere le loro funzioni, quando basterebbe celebrare la messa in streaming, attraverso i canali televisivi oppure pannelli montati nelle piazze in modo da permettere il distanziamento sociale?

Molte le domande a cui prima o poi il governo dovrà rispondere, ai cittadini, ai commercianti e tutte le categorie messe in ginocchio. Una strage di innocenti peggiore persino della Seconda Guerra Mondiale, dove comunque le attività continuavano a lavorare nonostante i bombardamenti.

Saranno decine di migliaia i posti di lavoro persi, forse centinaia di migliaia, perché il fallimento delle attività ristorative si ripercuoterà sui fornitori, i loro autisti e tutti i produttori di materie alimentari, agricole ed i loro lavoratori.

 

Francesco Digiorgio