Alexei Navalny è stato trasferito Ieri, dal carcere ad una struttura medica carceraria. Il motivo del trasferimento è per difficoltà respiratorie. Lo riporta Izvestia, un quotidiano russo tra i più diffusi.
Il dissidente ha dichiarato di essere affetto da tosse e febbre.
Il giornale russo ha reso noto che altri 15 detenuti sarebbero sotto cura per tubercolosi. A Navalny, ha spiegato Izvestia, è stato praticato il tampone per verificare l’eventuale contagio da Covid. Dal servizio penitenziario è confermata la notizia.

La legale

Kira Yarmish, la portavoce di Navalny, ha detto: “Ha febbre alta e tosse, un intorpidimento delle gambe. Diverse persone nella sua unità sono già state ricoverate in ospedale per tubercolosi. Sembra tutto davvero brutto”.
L’avvocato dell’oppositore russo, Olga Mikhailova, ha raccontato di aver saputo dai media del suo trasferimento nell’infermeria del carcere. La legale avrebbe inoltre affermato che non ci sarebbero medici nella struttura, ma solo un paramedico.

La detenzione dura

Alexei Navalny si trova in un carcere della regione di Vladimir. A febbraio è stato condannato a due anni e mezzo per violazione dei termini della libertà provvisoria. Si era rifugiato a Berlino, dopo l’avvelenamento da Novichok, quando avrebbe dovuto presentarsi al giudice.
Il 44enne leader dell’opposizione ha denunciato di ricevere torture psicologiche durante la sua detenzione. La privazione del sonno da parte delle guardie e una importante perdita di peso. Navalny ha pure accusato dolori alla schiena e alle gambe, che attribuisce alla mancanza di vere cure mediche e alle condizioni carcerarie.

Attualmente è in sciopero della fame come forma estrema di protesta.

Navalny chiede aiuto

Ieri, su Instagram, il dissidente ha pubblicato un ennesimo messaggio di richiesta d’aiuto: “Ho 38 di febbre e tossisco, nella mia squadra di detenzione ci sono tre malati di tubercolosi su 15 persone, ovvero il 20% dei reclusi”. Nel messaggio ha inoltre scritto: “Io naturalmente continuo lo sciopero della fame, per veder rispettato il mio diritto di essere visitato da medici di mia fiducia”.