Deluse le opposizioni dal Recovery. Hanno osservato che è una brutta copia della bozza di Conte. Inoltre diminuiscono gli stanziamenti alla Sanità, ma anche all’Ambiente e alle Infrastrutture. Spariscono poi Cashback e Salario minimo.

Il piano non si discosta da quello che l’ex premier Conte ha presentato a gennaio, Aveva anticipato Draghi.
In effetti le uniche modifiche, sono in peggiorativo, rispetto alla bozza originale.
Fuori dal Recovery il Cashback. Se si vorrà mantenere dovrà essere sostenuto da fondi italiani. Ma salta anche il Salario minimo, Suggerito dalla Commissione europea e sostenuto dal M5S, che oggi si dice deluso.

Meno fondi per la Salute

Roberto Speranza, il ministro della Salute, ha annunciato lo scorso ottobre un piano di rilancio del settore della Sanità, da 65 miliardi di euro. Il Recovery stanzia invece 20,2 miliardi complessivi al settore. Sono circa 20 i miliardi per la Sanità, 11,2 andranno a ricerca, digitalizzazione e innovazione. 9 miliardi sono invece per il potenziamento delle reti, strutture di telemedicina e assistenza territoriale.

Ambiente

Riconfermato il Superbonus 110 per cento, che dalle prime bozze del documento risultava arricchito ma, nel testo finale i fondi per l’efficientamento degli immobili scendono di 4 punti percentuali.
Va meglio la Transizione energetica. Il settore godrà di un forte incremento degli stanziamenti, grazie agli investimenti su trasporto locale e idrogeno.

Infrastrutture

Penalizzato il settore delle Infrastrutture. Nel Recovery è previsto un significativo calo delle risorse da destinare all’Alta velocita. Anche alla Logistica, il Piano riduce i fondi destinati al settore.

Le critiche della sinistra

Da Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana arriva puntuale la critica al Pnrr: “Siamo di fronte a uno scandalo inaccettabile. L’ultima versione del Pnrr ci è stata consegnata due ore prima che il presidente del Consiglio prendesse la parola, poi qualche ora di dibattito e l’indomani il voto. Ma si tratta piuttosto di una ratifica”.

Le critiche della destra

La presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, attacca senza mezzi termini: “In Italia, ormai, la democrazia è sospesa anche grazie all’ampia maggioranza che sostiene il Governo, che su un tema così importante ha deciso di rinunciare ad esercitare il suo ruolo. Poi la Meloni, che aveva chiesto perfino di rinviare la discussione alla Camera, ha accusato il governo di aver mandato il testo al Parlamento, troppo tardi. Continua poi chiedendo se il presidente della Camera e del Senato non hanno nulla da dire al riguardo, e se al Capo dello Stato sta bene così?

Scarsa attenzione alla donna lavoratrice

Una insufficiente attenzione alla questione delle donne lavoratrici, è stata evidenziata in seno al Recovery da Azzurra Rinaldi, Direttrice della School of Gender Economics dell’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza.
La Rinaldi ha osservato che i 4,6 miliardi per gli asili nido, sono insufficienti per il raggiungimento delle indicazioni della Ue, che fissa al 60% la copertura. Ha poi precisato che è necessario il potenziamento degli asili per agevolare l’ingresso delle donne nel lavoro. Anche sui fondi per l’imprenditoria femminile, l’economista esprime un giudizio critico giudicandoli insufficienti, “400 milioni su 209 miliardi, sono una bassissima percentuale” ha concluso.

I partiti dell’esecutivo di governo sono rimasti piuttosto appiattiti alle decisioni del premier. Gli stessi Pd e M5S sono stati a “guardare”, senza obiezioni di sorta.
Il mancato coinvolgimento del Parlamento che in molti lamentavano quando c’era il Premier Giuseppe Conte, sembra adesso essere messo da parte anche da Italia viva, ne è espressione evidente la dichiarazione di Maria Elena Boschi che mostra entusiasmo per il Piano del governo ed elogia il presidente Draghi.

Meglio Istruzione e Ricerca

Il Recovery, anche se di poco, riserva un incremento dell’1,7% ai fondi da destinare all’Istruzione e la Ricerca. Gli stanziamenti per i “nuovi progetti”, passano dal 69 all’80%. Questo consente una previsione di aumento del PIL dal 3 al 3,6% al 2026.