Il dottor Antonio Necci, referente per Anagni dell’Associazione Medici di famiglia per l’Ambiente ha tenuto ad emettere un comunicato nel quale “precisa” e “sconfessa” quelli che definisce “tentativi di strumentalizzazione”, in merito alla questione del Biodigestore.

“In rispetto al ruolo di Medico referente per Anagni dell’Associazione Medici per l’Ambiente di Frosinone e Provincia – scrive nella nota – mi corre obbligo rappresentare che, sono state stravolte le parole del Vescovo di Anagni in occasione dell’omelia della celebrazione di San Magno”. La stessa denuncia è estesa dice ancora il dottor Necci, per quanto riguarda “la mistificazione e strumentalizzazione di quanto emerso nel Convegno dello scorso 22 ottobre, tenutosi presso la Sala della Ragione in Anagni, organizzato dall’Associazione Medici per l’Ambiente”.

Nella nota viene evidenziato che dopo 5 anni di informative in merito portate in ogni ambito, ribadisce la posizione dell’Associazione Medici Ambiente, posizione assolutamente contraria ai biodigestori anaerobici a fermentazione liquida delle migliaia di tonnellate di umido, con le quali le società Saxa Gres e SAF ad Anagni, Maestrale a Frosinone e Recall a Patrica, sono pronte a sommergere ed asfissiare le genti della Ciociaria.
“Siamo i Medici che nel silenzio più assordante degli organi preposti e aldilà dei precipui compiti sanitari, si stanno facendo carico di ricercare una soluzione dignitosa e quantomeno accettabile della gestione dei rifiuti organici urbani prodotti a Frosinone e Provincia. Con pragmatismo stiamo cercando di affrontare il tema della possibile risoluzione”, precisa Necci.
Indica quindi due aspetti che definisce fondamentali:

1) la gestione del quantitativo corrispondente esclusivamente alla produzione reale e locale dei
comuni : Se Frosinone produce 4000 tonnellate di umido, deve smaltirne 4.000 e non 50.000
come da progetto dell'imprenditore privato società Maestrale; se Anagni produce 2.000 deve
smaltirne 2.000 e non 84.000 come da progetto di Saxa Gres e SAF; se Patrica produce
1.000, deve smaltirne 1.000 e non centomila come da intento della Recall.

2) la modalità della biodigestione che dovrà aborrire la fermentazione liquida responsabile di
ampia produzione residua di sovvallo e di rifiuti speciali destinati a discarica e stoccaggio
speciale, con esito tombale di quell'economia circolare, falsa propaganda dei proponenti i
biodigestori di immensa portata di Frosinone, Anagni e Patrica.

Nel testo si sottolinea che “se di biodigestione si dovrà parlare”, ci si potrà orientare unicamente verso piccoli impianti, dedicati al trattamento delle quantità proprie di ciascun territorio. impianti con lavorazione a secco e non con consumo di acqua, senza produzione di residui speciali, ma con formazione di compost riutilizzabile come ammendante.
In questo caso si tratterebbe di un circuito chiuso di vera economia circolare. Con la gestione che oltretutto sarebbe rimessa alle singole amministrazioni, con utili economici a ricaduta positiva sui relativi Comuni.

Il Comunicato spiega che tale “sistema” metterebbe al riparo da chi, per interessi legati agli incentivi del biogas ed agli affari dei rifiuti, propaganda mega biodigestori e invasione indiscriminata di immondizia, attratto da cospicui ritorni economici, senza scrupolo della salute altrui. La nota precisa inoltre che è “da considerare il compostaggio aerobico, che resta prima scelta per l’Europa, oltre altri mezzi di riconversione in itinere, quali la decomposizione termochimica o la dissociazione molecolare, che si spera apportino possibilità ancora superiori in termini di riduzione dell’inquinamento”.

Il dottor Necci indica poi che, a sostegno di questo parere, arriva “la sentenza della Corte di Giustizia Europea emessa l'11 novembre
2021, che intima di sottostare al principio di autosufficienza e di prossimità nel trattamento dei
rifiuti urbani, condannando alchimie e magheggi dei codici applicati ai rifiuti”.
Codici per cui – prosegue il testo – la SAF, uno dei due attori principali l’annunciata tragedia ambientale del biodigestore di Anagni che, lo scorso 5 novembre campeggiava nella cronaca giudiziaria di un organo di stampa locale. L’articolo riportava dell’udienza che vede coinvolta la SAF (società appartenente ai comuni e alla provincia) nell’indagine “operazione maschera”.
Ha inquietato leggere che:”…il procedimento riguarda poi la presunta truffa sui rifiuti organici, sottolinea Necci e aggiunge: “Secondo le accuse i Comuni pagavano per il trattamento dell’umido nell’impianto SAF di Colfelice, ma la frazione organica senza essere lavorato e con trattamento inadeguato sarebbe stato portato in discarica …Al centro dell’indagine la presunta irregolarità dei cosiddetti codici a specchio, nell’analisi, nella classificazione e quindi nello smaltimento dei rifiuti pericolosi, catalogati secondo l’accusa come non pericolosi…”. La SAF, quella stessa di cui il presidente, in una intervista giornalistica, ne definiva il ruolo di controllore del processo delle fasi di lavorazione del biodigestore di Anagni. Certo però, che laddove i reati rappresentati nell’inchiesta “operazione maschera” trovassero conferma accusatoria nei confronti della SAF, non si sarebbe potuta individuare azienda più fantasiosamente inidonea da affiancare al privato, nel controllo e nella compartecipazione pubblica del biodigestore di Anagni. Se poi si dovesse assistere anche all’utilizzo dei codici dei rifiuti in capo alla SAF ,verrebbero meno anche le parole. Conclude il referente per Anagni dell’Associazione Medici di famiglia.